Uno dei problemi che maggiormente attanaglia chi si accinge ad acquistare un immobile riguarda le conseguenze che possono derivare dalla sussistenza o meno del certificato di agibilità.
Ma prima di iniziare, lascia che mi presenti.
Sono l’avvocato Davide Ciani, responsabile redazione atti e formazione giuridica di NF Notai e opero presso la sede di Palermo di Piazza Francesco Crispi 1, una delle nostre 8 sedi siciliane.
Ogni giorno in NF Notai ci offriamo come guide esperte, aggiornate e sempre attente nel far sì che chi ci incontra si senta ascoltato, a proprio agio nel porre qualsiasi domanda, ben informato sui suoi diritti e i possibili impatti delle sue decisioni e sicuro che otterrà risposte esaurienti e soluzioni sempre in grado di porre al centro i suoi desideri e intenzioni.
Per questo ci impegniamo, sia in presenza (durante le nostre consulenze) che negli articoli del magazine che stai leggendo, a rendere comprensibili e alla portata di tutti anche i concetti legali più complessi, utilizzando un linguaggio semplice e diretto.
È giunto il momento di scendere nel dettaglio di questo particolare argomento, del quale spero di fornirti preziose informazioni.
Iniziamo!
In questo articolo scoprirai
Cos’è l’agibilità.
Partiamo subito con il chiarire che la distinzione che si faceva in passato tra certificato di abitabilità per le unità immobiliari ad uso abitativo e certificato di agibilità per quelle ad altra destinazione (fabbriche, uffici, negozi, etc.) è venuta meno con il nuovo Testo Unico dell’Edilizia (DPR n.380/01) e che l’agibilità di un immobile non è requisito essenziale per la sua trasferibilità (vendita/acquisto).
In generale, si può affermare che la funzione del certificato di agibilità è di verificare che gli immobili abbiano determinati requisiti (di sicurezza, igiene, salubrità, energetiche e impiantistiche) che ne consentano l’utilizzo per il quale sono stati progettati e conformemente realizzati.
Tale attenzione venne focalizzata per la prima volta con il Regio Decreto n.1265 del 1934 (Testo Unico delle leggi sanitarie) in forza del quale: “Gli edifici o parte di essi (…) non possono essere abitati senza autorizzazione del podestà (il sindaco di allora), il quale la concede quando, previa ispezione dell’ufficiale sanitario o di un ingegnere a ciò delegato, risulti che la costruzione sia stata eseguita in conformità del progetto approvato, che i muri siano convenientemente prosciugati e che non sussistano altre cause di insalubrità”.
La previgente normativa presupponeva, quindi, che vi fosse una concreta manifestazione del potere discrezionale della Pubblica Amministrazione (il Sindaco) volta al rilascio di un provvedimento amministrativo che certificasse, a controlli ultimati, la sussistenza dei requisiti di igiene e salubrità imposti dall’ordinamento giuridico.
Tuttavia, il proliferare a dismisura dei procedimenti amministrativi volti al rilascio del certificato di agibilità impose già dal 1994 con il DPR 425 una procedura che non richiedesse necessariamente il rilascio di un provvedimento amministrativo; infatti, venne affiancata alla procedura tradizionale quella soggetta al silenzio assenso in forza della quale, qualora il Comune non avesse risposto entro sessanta giorni dalla richiesta, l’agibilità sarebbe stata concessa tramite il silenzio stesso della P.A..
Cos’è la Segnalazione Certificata di Agibilità (S.C.A.)
Oggi l’art. 24 del DPR 380/2001 (Testo Unico dell’Edilizia) sancisce definitivamente che la sussistenza delle suddette condizioni sia attestata mediante Segnalazione Certificata di Agibilità (S.C.A.) predisposta dal Direttore di Lavori o di un altro tecnico incaricato, facendo passare buona parte della responsabilità per il rilascio dalla Pubblica Amministrazione al direttore dei lavori.
Chiaramente in seguito alla presentazione della Segnalazione Certificata di agibilità, l’Amministrazione può avviare un controllo, effettuato nel termine di trenta giorni, volto ad accertare la presenza dei requisiti dichiarati; in caso di accertata carenza dei requisiti, il Comune potrà adottare provvedimenti motivati di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi provocati, a meno che l’interessato, non si conformi, se possibile, alla normativa vigente in un termine fissato dall’Amministrazione, comunque non inferiore a trenta giorni.
Quali sono i risvolti economico-giuridici se manca l’agibilità.
Fatte le suddette premesse e chiarito che il certificato di agibilità non è requisito essenziale per il trasferimento di un immobile, passiamo ora a trattare i risvolti economico giuridici che possono derivare dalla sua mancanza.
In primo luogo occorre distinguere il caso in cui l’immobile, pur presentando tutti i requisiti di agibilità, ne sia privo (mancanza formale), da quello in cui invece ne sia sostanzialmente privo (mancanza sostanziale).
In caso di c.d. mancanza formale potrà essere presentata in qualsiasi momento una S.C.A. con costi limitati alla sua presentazione documentale.
Più complessa è la c.d. mancanza sostanziale, atteso che anche un immobile dotato di formale agibilità (provvedimento o SCA), a seguito di interventi edilizi successivi, potrà considerarsi privo.
Al riguardo, la mancanza sostanziale e/o strutturale dei requisiti di abitabilità imposti dalla legge impone al proprietario l’adeguamento dell’immobile e conseguentemente l’onere di sopportare tutti i relativi costi di eventuali interventi edilizi (es. creazione di anti W.C., spostamento della cucina, rifacimento degli impianti, etc.). Peraltro, va precisato che, eventuali interventi abusivamente realizzati nell’immobile privi dei suddetti requisiti di agibilità, dovranno essere, ove possibile, sanati dal proprietario.
Come già anticipato, succede spesso che un immobile regolarmente costruito e dotato del certificato di abitabilità e/o SCA possa subire nel tempo degli interventi edilizi (es. una ristrutturazione con modifica degli spazi interni) che possano fare decadere l’originaria abitabilità.
Pertanto, alla luce di quanto esposto sarebbe buona norma da parte dell’acquirente incaricare un tecnico di propria fiducia al fine di effettuare sopralluoghi (a cui il notaio non è tenuto per legge) e ispezionare presso gli uffici competenti la relativa documentazione urbanistica.
Cosa fare se l’immobile appena acquistato è privo dei requisiti di agibilità.
In quest’ultimo caso l’acquirente potrebbe, in caso di gravissimi vizi, chiedere la risoluzione dell’atto con conseguente restituzione del prezzo ed eventuale risarcimento del danno o, in caso di vizi meno gravi, chiedere una riduzione del prezzo (c.d. azione quanti minoris).
Si tenga presente che per espressa volontà delle parti è pure consentita la vendita di un immobile privo del certificato di agibilità (c.d. mancanza sostanziale) di cui si farà carico la parte acquirente; in quest’ultimo caso le parti hanno convenuto liberamente il prezzo tenendo conto della mancanza dei requisiti di agibilità.
Conclusioni
Di fondamentale importanza è, pertanto, il ruolo del notaio rogante, il quale, indagando la volontà delle parti, dovrà di volta in volta regolamentare gli aspetti economico giuridici derivanti dalla sussistenza o meno dei requisiti di agibilità dell’immobile, nonché, nel caso in cui riscontrasse delle anomalie, richiedere l’espletamento da parte di un tecnico incaricato di ulteriori verifiche urbanistiche presso gli uffici competenti.
In NF Notai troverete sempre la disponibilità ad ascoltare con attenzione le peculiarità del vostro caso, per poi consigliarvi sugli scenari possibili che meglio tuteleranno i vostri interessi.